La riforma pensionistica ha reso in taluni casi interessante il riscatto degli anni di laurea, che avviene attraverso il versamento volontario dei contributi per gli anni del corso universitario e permette di percepire un assegno maggiore e con un anticipo del medesimo numero di anni. Ne trarranno vantaggio maggiore i soggetti che percepiranno la pensione calcolata con il regime contributivo (coloro che hanno intrapreso il rapporto di lavoro dopo il 1996). Il riscatto potrà essere regolato ratealmente in dieci anni senza interessi se la domanda è stata fatta – a prescindere dal regime retributivo – nell’anno 2008. potranno chiedere il riscatto anche i laureati non occupati, con il versamento minimo previsto (4.560 euro per ognuno degli anni di cui è composto il corso di laurea).
Con il riscatto aumenta il rapporto tra pensione e ultimo reddito percepito. Per le donne il guadagno è minore che per gli uomini, perché il calcolo finanziario deve considerare un’età pensionabile di cinque anni inferiore. Poiché il regime contributivo prevede coefficienti di rendimento crescenti in funzione dell’età alla quale ci si ritira, se ne deduce che il riscatto conviene di più nei casi in cui si lavora oltre i limiti minimi previsti. Il ritiro anticipato invece – in caso di riscatto – ha effetto negativo sulla rendita. Per contro in tal caso bisognerà considerare che l’assegno verrà percepito per un periodo più lungo.
Anche nel caso di riscatto da parte di laureati non occupati – i contributi da riscatto essendo calcolati su un reddito figurativo basso – avranno bassa incidenza sulla pensione.
In un’ottica finanziaria il riscatto conviene: le future entrate attualizzate sono maggiori degli esborsi per il riscatto (in base alla speranza di vita ISTAT). Questa volta sono le donne ad avere maggior convenienza in quanto più longeve (è stato calcolato che incasseranno mediamente il doppio di quanto esborseranno per il riscatto).